Home » News » News » ‘Mezzo milione di adolescenti è a rischio alcolismo e spessi gli adulti non vigilano sui loro comportamenti, amplificati da internet’.

“E pensare che il vino neanche mi piaceva, avrei preferito di gran lunga una cioccolata calda! Ma dovevo comportarmi da uomo e quindi bevevo”.

Colpisce la schiettezza con la quale lo scrittore Mauro Corona, autore del libro “Guida poco che devi bere – Manuale a uso dei giovani per imparare a bere” pronuncia queste parole.

Sono, appunto, soltanto alcune parole estrapolate dalla testimonianza dello scrittore, pubblicate qualche giorno fa sul quotidiano “la Repubblica”, con la chiara intenzione di mettere in evidenza, per fortuna, quanto drammaticamente preoccupante sia l’approccio dei giovani e, peggio ancora, degli adolescenti con le sostanze alcoliche (poco importa qui soffermarsi sulle gradazioni).

Mezzo milione di adolescenti è a rischio alcolismo.

Ubriachi da morire, è uno dei titoli nelle pagine interne del giornale, scritto con caratteri così evidenti che difficilmente sfugge anche al lettore più distratto; e leggendo oltre quel titolo, fino in fondo l’intero contenuto, viene quasi da pensare che ogni tanto qualcuno si sveglia e ci ripropone la “solita solfa”, demonizzando l’alcol e facendo un quadro dei “nostri” giovani (e adolescenti) eccessivamente pessimistico e non proprio corrispondente alla realtà.

E invece basta guardarsi intorno con un po’ più di obiettività e di senso critico, per scoprire che quella “realtà” non è poi così diversa da come ci viene descritta, anzi, è paurosamente corrispondente e vicina.

Rifletto apertamente su questo problema (perché di questo si tratta, anche se difficilmente lo si ammette), alla luce di due situazioni che, senza voler apparire esagerato, definirei paradossali.

In modo del tutto coincidente, insieme ad alcuni amici volontari dell’Associazione “il delfino” di La Maddalena, di cui io stesso faccio parte, veniamo invitati ad incontrare i ragazzi che frequentano le terze classi della scuola media, per tenere alcune conferenze sul tema dell’alcolismo.

Sono incontri dove, anche grazie all’uso di strumenti multimediali, proviamo a sensibilizzare i ragazzi sui disagi che l’abuso di sostanze alcoliche comporta.

È un’occasione che non possiamo lasciarci scappare, perché degli ascoltatori così interessanti e curiosamente interessati sono per noi molto importanti.

Percepiamo che non sempre hanno chiaro cosa sia l’alcol e quali i suoi effetti, e cerchiamo di rappresentare loro le conseguenze che esso ha nei rapporti sociali, nei cambiamenti comportamentali, sotto l’aspetto sanitario, dunque proviamo ad andare oltre quello che esteriormente possiamo osservare in una persona in preda ai fumi dell’alcol. Sentiamo forte la responsabilità che ci viene affidata, appagati dalla loro attenzione e dalla fiducia che ripongono in noi i loro insegnanti.

È però sconcertante confrontare questo quadro così gratificante con ciò che gli stessi ragazzi o i loro coetanei o “vicini” di età spesso propongono all’esterno. Il tempo del carnevale, poi, smaschera letteralmente un’inquietante voglia di trasgressione, un (quasi) giustificato permessivismo, l’assenza del limite. Tutto è concesso!

Il bere in maniera smodata da significato alla festa. Un po’ come dire che “se non sei bevuto, sei fuori dal contesto, sei nel posto sbagliato”. E chi guarda dall’esterno tutto questo, senza lasciarsi travolgere da quell’euforico ciclone, quasi si sente inadeguato o abbozza un senso di disgusto o, al contrario, approva col suo divertito silenzio un simile comportamento.

Sono mode… Ne più ne meno come quelle che vanno sempre più diffondendosi anche sui social network, diventati ormai contenitori di tutto, comprese certe sfide che vengono lanciate online tra amici per gareggiare a chi si affoga di più con la birra o con altri alcolici. Se a questo si aggiunge che il tutto avviene rigorosamente tramite video-messaggi e magari gli stessi video sono “girati” da adulti, e magari questi adulti sono anche i genitori, allora possiamo dire, senza aver bevuto, che abbiamo veramente “toccato il fondo”.

Ecco, forse sta proprio qui la falla: negli adulti, nei tutori di questi adolescenti e di questi giovani. Perché è ovvio che la condivisione di certi comportamenti, la tolleranza ovvero l’accettazione di simili stili di vita richiede una palese complicità.

Una complicità che egoisticamente condanna queste giovani generazioni, soprattutto quelle che per l’inesperienza dettata dall’età, non sono ancora in grado di decidere autonomamente e operano scelte che non tardano a manifestarsi come scellerate.

Ecco sta proprio in questo il paradosso a cui accennavo precedentemente.

Da un lato gli adulti che avvertono per questi minori  la necessità di metterli in guardia e prepararli in qualche modo ad affrontare le sfide che la vita quotidianamente gli propone, dall’altra parte gli accondiscendenti, che in virtù di non si sa bene quale senso di libertà, escono dal supermercato con la busta piena di alcolici, che i minorenni – per legge – non potrebbero acquistare, affinché essi possano organizzare col giusto cocktail di musica, divertimento e alcol la prossima festa in programma.

La sfida non può essere quella che si lanciano questi giovani amici per vedere chi si stordisce prima, ma quella delle responsabilità dei “grandi”, di chi deve vigilare sulla salute e sulla sicurezza dei minori-adolescenti, ma anche dei giovani. Occorre distoglierli da certe insane abitudini, subito, prima che sia troppo tardi.

Un medico, che presumo operi in uno dei tanti centri trasfusionali della Sardegna, esprimendo goliardicamente ammirazione per certe “prove” di coraggio, rilancia la sfida, invitando i giovani, in particolare i maggiorenni, a recarsi al più vicino centro della propria città per sottoporsi ad una donazione di sangue e postare sui social network la foto o il video dell’avvenuta donazione; una sfida semplice e coscienziosa! Anche perché la nostra amata regione purtroppo non è in grado di far fronte alle numerose richieste e necessita di trasferimenti di plasma da parte di altre regioni.

E allora, non nascondiamoci dietro al fatto che certi fenomeni sono soltanto “bravate” che si fanno a questa età, che tutti – da giovani o da adolescenti – abbiamo sempre fatto queste cose, che in fondo sono fatti episodici.

Tiriamo fuori il coraggio per dire basta alla facilità con la quale permettiamo certe trasgressioni, per fermare questo gioco che porta solo all’annientamento e all’autodistruzione dei giovani, i quali, giusto per non dimenticarcelo, rappresentano il nostro futuro. E non credo che questo sia il futuro che vogliamo!

Gianni Deriu

*(Docente; Operatore presso il ‘Centro di Ascolto il delfino’ e il ‘Centro Alcolisti in Trattamento’).

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