Home » News » News » Attualità » L’Infibulazione, una pratica disumana. Mobilitazione per abolirla.

di Gianni Deriu.

La Maddalena, 8 Febbraio 2011.

L’infibulazione consiste in un’operazione (spesso eseguita in pessime condizioni sanitarie e senza anestesia) finalizzata all’asportazione parziale dell’organo sessuale femminile, attuata con strumenti più o meno affilati e talvolta arrugginiti, quali: coltelli, lame di rasoi, forbici e pezzi di vetro.

Ha nascita esclusivamente culturale e, ancora oggi, viene adottata e praticata in molte società africane, nella penisola araba e nel sud-est asiatico, nei confronti soprattutto di bambine con età compresa tra i 2 e gli 8 anni.

Le origini dell’infibulazione sono legate a tradizioni dell’antico Egitto (da cui il nome di “circoncisione faraonica”, la forma più grave tra le mutilazioni sessuali femminili) aventi lo scopo di conservare e di indicare la verginità al futuro sposo e di impedire alla donna di provare piacere durante il rapporto sessuale con il coniuge. Proprio per effetto di questa pratica, i rapporti sessuali vengono impossibilitati, almeno fino alla defibulazione che, in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo prima della consumazione del matrimonio; inoltre, dopo ogni parto, viene effettuata una nuova infibulazione per ripristinare la situazione prematrimoniale.

Si calcola che in Egitto, nonostante la pratica sia vietata, ancora oggi una percentuale molto elevata delle donne (che sfiora il 95%) sia stata sottoposta a questa crudele pratica. A livello mondiale, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 130 milioni di donne e bambine hanno subito questa barbarie e 2 milioni ogni anno rischiano di subirla.

Nella tradizione, le mutilazioni genitali femminili non sono considerate un atto di violenza sul minore, ma un segno di attenzione e cura della famiglia verso la bambina: infatti, la donna che non ha ricevuto questo tipo di “intervento chirurgico” è vista come una bambina di cui nessuno si è preso cura, così come per una donna non infibulata, anche se vergine, è piuttosto difficile trovare marito.

Da alcuni anni è in atto una Campagna internazionale di sensibilizzazione in merito a questo argomento. Una delle sue tappe fondamentali è stata la Conferenza tenutasi al Cairo nel giugno del 2003, che ha visto autorevoli partecipazioni, tra cui quella delle due massime autorità religiose egiziane: l’Imam Tantawi e il rappresentante del capo della Chiesa Copta, i quali hanno ribadito che le MGF non sono in alcun modo una pratica da ricondurre all’islamismo e al cristianesimo. Nel mese di luglio dello stesso anno è stato approvato a Maputo un Protocollo sui Diritti delle Donne Africane dove si specifica che le pratiche definite tradizionali e gravemente lesive per donne e bambine, in particolare le MGF, dovrebbero essere proibite e condannate.

La Campagna internazionale, sostenuta e rilanciata in questi giorni attraverso i mass-media dalla Parlamentare europea Emma Bonino e da alcune ONG (Organizzazioni Non Governative), si pone l’obiettivo di promuovere l’adozione di una Risoluzione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, mediante la quale siano messe al bando a livello globale le mutilazioni genitali femminili (MGF).

Trattandosi di un’evidente violazione del diritto all’integrità della persona, in modo particolare nei confronti di minori, i promotori e sostenitori di questa Campagna di sensibilizzazione invitano i cittadini ad aderire alla Campagna di sensibilizzazione, senza alcun impegno economico obbligatorio, entrando nel sito www.noncepacesenzagiustizia.org e firmando la petizione per la messa al bando di questa nefasta tradizione, dopo aver compilato l’apposito form.

Massimiliano Marras

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