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Il grande giornalista e scrittore Giorgio Bocca si è spento il giorno di Natale.

La morte di Giorgio Bocca, l’uomo che rispettava soltanto la verità

Di Gian Carlo Tusceri

 

La morte di Giorgio Bocca, a 91 anni, chiude un altro capitolo dell’informazione “di eccellenza”. E questo senza esprimere pareri in merito alla sua coerenza e al suo eventuale rigore politico e civile.

Alfiere di una vecchia scuola di giornalismo, che rispettava la notizia innanzitutto e se ne faceva custode e garante, anche quando questa era scomoda, era dotato di una cultura che gli consentiva di lavorare agli approfondimenti con la stessa disinvoltura spigliata del mitico Gianni Brera, con l’identica aggressività verbale di Indro Montanelli, con la lucidità di analisi di Enzo Biagi.

“Tutti quelli che fanno il giornalismo – disse nell’aprile 2008, ricevendo nella stessa casa di Milano dove oggi si è spento, il premio Ilaria Alpi alla carriera – lo fanno sperando di dire la verità anche se è difficile; io li esorto e li incoraggio a continuare su questa strada”.

Per incrinare in qualche modo questa ostentata coerenza, lui che era stato partigiano di Giustizia e Libertà, fu tirato in ballo, per una sua presunta adesione al manifesto per la purezza della razza, durante il fascismo, quando secondo alcuni aveva diciotto anni. Rispose, pare con prove, che si trattava di un caso di omonimia, eppure le polemiche sul suo conto non finirono mai. Poi era stato considerato di volta in volta socialista tutto d’un pezzo, ma pure uomo opportunista, perché era arrivato a lavorare in un certo periodo per le televisioni di Berlusconi.

Oggi, nel rispetto della notizia, proprio per aderire al discorso da lui portato avanti, certi passaggi della vita di Giorgio Bocca non si possono e non si devono tacere. Anzi, vanno detti oggi in maniera forte e chiara, perché, a mio avviso, non si lede nessun principio etico a lavorare seriamente per testate pure di diversa collocazione culturale e politica, almeno fino a quando non piovono i diktat e i condizionamenti padronali. Ma conoscendo l’antipatica e scorbutica lingua di Bocca, c’è da pensare che Silvio Berlusconi si sia guardato bene dall’imporgli qualcosa.

Eppure proprio Eugenio Scalfari, suo amico e collega, disse in quel periodo: ”Giorgio si è innamorato di Berlusconi”. E Bocca riconoscerà che il cavaliere lo aveva ammaliato, per quel modo nuovo di gestire le televisioni, per quel pensare in grande. Lo aveva però “mollato” nel momento in cui il Silvio nazionale aveva deciso di scendere in politica. E lui fu uno dei primi a capire e ad additare la pericolosità di quell’uomo. Forse pure per scusarsi o comunque per difendersi, disse che soltanto gli imbecilli non cambiano mai opinione.

E d’altra parte, come Montanelli, come Biagi, al cavaliere di Arcore non ha mai risparmiato alcuna critica, anche se per la verità le sue “tirate di orecchie” sembravano alla sinistra sempre troppo ragionate e poco sanguigne. Ma lui della ragione, come i suoi illustri colleghi che lo avevano preceduto nella tomba, faceva una religione.

Giornalista che, come già detto, rispettava la notizia innanzitutto, che ci ragionava su con un discorso mai scontato e mai logoro, sempre coinvolgente e affascinante, conosceva più di altri colleghi ancora sulla piazza l’uso della lingua italiana e di ogni parola amava sviscerare il significato più intrinseco, per dimostrare che la cultura non è la negazione dell’informazione, ma il suo supporto ideale e fondamentale.

Ha collaborato con le più importanti testate, ma indubbiamente il suo nome resterà sempre legato alla “sua” Repubblica e all’Espresso.

Con l’abituale lucidità, così sintetizzava la sua stessa biografia politica: “Sono uscito dal fascismo, sono entrato nella Resistenza a capo di una divisione partigiana di Giustizia e Libertà e poi, pur essendo stato vicino al Psi non mi sono più iscritto ad alcun partito: non ho più voluto avere uno che decidesse sulla mia testa”.

Alle elezioni del 2008 non aveva neanche votato: “Mi ha stufato la politica com’è in Italia”.

E se oggi c’è Monti e la generazione dei professori a dirigere quella politica, obiettivamente qualcosa della vita politica italiana ha stufato. E’ qualunquismo? Forse no. Forse è soltanto voglia di riflessione, perché talvolta per poter essere liberi e indipendenti nel proprio giudizio, è opportuno e necessario prendere le distanza anche dalle persone più care.

Giorgio Bocca ha scritto diversi libri. Sono soprattutto opere di storia e di analisi politica. Provate a leggerli e capirete che cosa significhi essere uno spirito libero e indipendente.

Massimiliano Marras

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