Home » News » Rubriche News » Sport & Vita » Mennea: Il bianco che correva come un nero!

QUEL DITO RIVOLTO AL CIELO!  Questo il gesto dopo ogni sua vittoria. 

Nessuno ha mai saputo il significato di quel gesto che senz’altro per lui rappresentava qualcosa di importante.

di Salvatore Faggiani

Schegge, nella memoria, dalla pagina di un testo di latino usato forse con troppa leggerezza negli anni delle medie, anni ’60, quando il latino era obbligatorio alle scuole medie.

Non ricordo con esattezza chi fece una riflessione di questo genere. Comunque, l’autore sosteneva che agli dei sono troppo cari i loro figli migliori per starne lontani a lungo lasciandoli sulla terra più del necessario.

Elaborazioni fantasiose di un poeta, naturalmente. Tuttavia un pizzico di verità esiste alla base di ogni evento. Anche di quelli generati da un’immaginazione razionalmente azzardata.

Mi piace allora pensare che fosse stato il frutto di una grande passione tra Apollo e Afrodite, Pietro Mennea. Lui, provvisto di una rara bellezza interiore che gli permetteva di mostrarsi anche esteticamente perfetto, malgrado la sua fisicità non esattamente da Adone. Lascio l’immaginario mitologico e allora mi piace pensare che il buon Dio abbia creato Pietro Mennea pensando che i meccanismi della natura non possono funzionare se privi di quella formula che si chiama equilibrio nella diversità. Senza il bianco, il nero avrebbe alcun significato e viceversa. Ecco perciò il fisico esile e gracile di Mennea correre come il vento, correre quasi in modo sgraziato ma efficace, correre insomma come un nero e vincere, battere record e attendere quasi 17 anni prima che un atleta nero, Michael Johnson, battesse il suo limite dei 200 metri.

Mennea
Mennea

Correva così veloce Mennea che quasi sembrava che i suoi piedi non toccassero terra. Correva così veloce che lo chiamarono la «la freccia del sud» per le sue origini. Correva così veloce che venne usato un simpatico appellativo quando veniva notato qualcuno veloce nella corsa: «e che sei Mennea!».

E’ stato un vero sportivo, sempre leale con se stesso e con gli avversari. La sua lunga avventura nell’atletica è stato il frutto dell’allenamento e dell’applicazione. Non possedeva grandi doti fisiche, eppure è riuscito a raggiungere i massimi livelli, consapevole che per arrivare a certi traguardi doveva sacrificarsi e non concedersi distrazioni, quelle se le sarebbe potute concedere dopo.

E’ stato un mito, una leggenda dello sport e non solo. Concludo con due sue frasi in una intervista dello scorso anno: «Uno come me potrà mai essere contrario ai giochi? Se avessi potuto, io avrei partecipato a dieci Olimpiadi, non a cinque, per quanto abbia amato e continui ad amare lo sport e l’ideale olimpico» e «Ho vinto tanto da atleta, ma non si può vivere di ricordi. Ogni giorno bisogna reinventarsi, avere progetti ed ambizioni. Perciò, quotidianamente ho tante idee e sogni che voglio realizzare. Sono impegnatissimo».

Peccato che il buon Dio, dopo aver creato quel figlio bianco che correva come un nero, abbia deciso di non stare più lontano da lui.

Massimiliano Marras

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