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Olbia ferita
Olbia ferita

Di Massimiliano Marras.

Stava arrivando.
Lo annunciava il vento, che arriva improvviso, fa sbattere le finestre, si fa sentire, come un campanello d’allarme.
Guardavo fuori, nel buio lampi dappertutto, non è un temporale: è una sciagura, un disastro!
Lampi, poi tuoni, rumore di pioggia incessante, odore di asfalto bagnato.
La natura fa il suo show: la Sardegna colpita, ferita, massacrata.
Un giorno di pioggia che equivale a sei mesi d’acqua piovuta tutta insieme dal cielo: tutto si è sbriciolato, le case, le strade e le vite.
La Sardegna è negli occhi dei bambini, troppo piccoli per capire, troppo fragili per dimenticare.

Una sensazione di devastante impotenza che ti riempie lo stomaco, non puoi nemmeno prendertela con qualcuno, perché la natura è libera e va rispettata anche per questo, anche se fa male, anche se hai un nodo in gola, anche se vorresti partire, vorresti andare!
Fare!
Dare!
Piangere!
Abbracciare!
Siamo parte di essa e le regole sono queste.
Siamo qui per caso e per caso un giorno ce ne andremo.
Parte della Sardegna adesso è solo fango e lacrime asciugate sulla pelle di bambini persi nel vuoto dei loro occhi, la Sardegna è il sangue di ferite.

Macerie di un’esistenza, sotto macerie di case allagate e spazzate via.
Cemento e acqua, mentre l’isola è una zattera che naviga nella speranza di ricominciare a sperare.

L’uomo certe cose non le può capire, sono troppo più grandi di lui,
ci riempiamo di ridicole certezze per sentirci più sicuri, più invincibili e poi basta un attimo ed è tutto finito.

Siamo convinti di essere ben saldi su questo sasso colorato, belli fermi nelle nostre “stupende” città.

La Sardegna in queste ore come non l’avete mai vista: è polvere di case, strade, ponti frantumati che sbiadiscono i ricordi del sole, del cielo azzurro e del mare cristallino.

Ad Olbia attraccano le navi da crociera, fanno il bagno, prendono il sole,
mentre a pochi chilometri dal porto la vita spezzata per un “un fenomeno possibile, ma inusuale”.
Una macchina bloccata.
Una morte infame.

Massimiliano Marras

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